Dal giornale Germinal: Lettera al collettivo dei comilitanti di Trieste

 

Care e cari co-militanti,

ci facciamo nuovamente sentire dalla vicina Koper-Capodistria. E’ passato quasi un anno dall’ultima volta che vi abbiamo scritto e da allora sono successe molte cose. Abbiamo scelto di scrivere questo articolo in forma di lettera, un tipo di testo che nell’epoca digitale di infinite labili informazioni, ha quasi perso significato. Non si tratta di una scelta romantica o nostalgica. Scrivere una lettera significa  fermarsi, esprimersi e riflettere. Va da me a te e se ti prendi il tempo per leggere, forse in un futuro  potremo instaurare un vero dialogo.

Come prima cosa un saluto dal collettivo dell’ Ustvarjalna Platforma Inde (UPI) cioè dalla Piattaforma Creativa Inde che è nata e si è sviluppata con l’occupazione della fabbrica abbandonata Inde, alla periferia di Koper. Riassumendo brevemente, si tratta di un’aggregazione di giovani di varie generazioni che si è autorganizzata e ha iniziato a creare – realizzando idee, spazi, programmi artistici e culturali –  lotte politiche e relazioni interpersonali, comunitarie, d’amicizia, anche d’amore,  inusuali.

Dobbiamo ricordare che gli spazi della fabbrica in disuso, che abbiamo occupato e iniziato a sanare nell’ottobre del 2015, sono proprietà di due società in bancarotta. Questo fatto ci ha permesso di sopravvivere relativamente in pace durante il primo anno di attività. Abbiamo avvisato della nostra presenza i curatori fallimentari delle suddette società. Uno di loro ci ha risposto per dovere d’ufficio, dichiarando di non poter essere d’accordo con la nostra occupazione e che al momento della vendita  avremmo dovuto abbandonare gli spazi. Ma non si è spinto oltre.

I media hanno spesso dato comunicazione delle nostre attività, inizialmente con un po’ di disagio   poichè con l’occupazione abbiamo messo in discussione la “santità della proprietà”; al contempo nessuno di noi desiderava esporsi e abbiamo avuto un gran daffare nell’istruire i giornalisti sul, per loro, inconsueto modo non gerarchico di lavoro collettivo che si è formato all’interno della piattaforma.

Il lavoro orizzontale del gruppo, basato sul principio di ricerca del consenso nelle assemblee, è ciò che ha più di tutto modellato il modo di agire politico del collettivo. Durante le assemblee ci siamo ritrovate, in quanto persone socializzate nel mondo di rapporti fissati gerarchicamente, a doverci confrontare con la responsabilità non solo verso noi stesse/i, i nostri desideri e voglie, ma anche e soprattutto con quelli/e degli altri, che forse la pensano in modo diverso dal nostro; ci siamo trovati a parlare e accordarci su apparentemente piccole banalità e, di conseguenza, a trovare una soluzione che fosse soddisfacente per tutti. Questo processo, spesso rallentante, ci ha però insegnato la pazienza e la solidarietà.

Ad un certo punto dello sviluppo del collettivo la comunicazione con il pubblico ha richiesto un lavoro organizzato. Abbiamo fondato un gruppo di redazione, che all’inizio si è occupato della pagina internet, in seguito ha rivolto l’attenzione verso nuove sfide. Così è nato il giornale “Poćasnik” [un gioco di parole intraducibile tra časnik – quotidiano – e počasi – lentamente, ndt], poi ha iniziato a prender forma (ancora più lentamente) anche il gruppo radiofonico. Contemporaneamente ha preso forma anche l’idea della Piattaforma Mediatica Inde, che avrebbe collegato il tutto. Nell’UP Inde sono coinvolte molte persone senza un’entrata economica continuativa (disoccupati o precari), che hanno molta volontà, conoscenze e desiderio di realizzare questi progetti. Ma non bastano l’entusiasmo e il lavoro volontario: è necessario occuparsi anche della propria sopravvivenza, seppur si desideri sì tanto cambiare il mondo. Perciò grazie alle esperienze acquisite, abbiamo provato a trovare i modi per riuscirci assieme. Ciò che probabilmente sperimenta ogni collettivo di affinità è che l’elastico che ci congiunge al mondo fuori da noi, è possibile estenderlo solo fino ad un certo punto, parafrasando Giorgio Gaber.

Poi viene anche la “preoccupazione” per il piacere. Parte del collettivo non pone il lavoro politico al primo posto. Ed è bene che sia così. Tra il lavoro e il piacere molto spesso c’è un divario troppo grande, perciò è un bene che questi due poli trovino un equilibrio, si bilancino. In questo ultimo anno c’è stato un gran dibattito su questo tema, anche conflitti, paure e obiezioni. I concetti che hanno calmato gli animi sono stati: “il privato è politico” e anche  “il piacere è una parte importante della politica”. L’edonismo, come lo chiamiamo all’Inde, è indispensabile per mantenere la contentezza verso la vita, per sopportare più facilmente le cose spiacevoli del mondo. Perché accecarci dicendoci che tutti funzioniamo secondo il principio del piacere, indipendentemente da dove  lo proviamo? Ad ognuno il proprio piacere, quindi. La possibilità di concedere la libertà all’altro deve accompagnarsi con la possibilità di prendersela. Solidarizzando. Questo è un valore antico, di cui prendersi cura in ogni aspetto.

Nell’ultimo anno tutte queste lezioni sono state imparate e portate avanti  dalla vita collettiva, in parte anche provocate dalla paura di perdere lo spazio che ci ha unito.

Un anno fa hanno incominciato per la prima volta a parlare seriamente della possibilità di vendere l’ex fabbrica. Gli amministratori fallimentari hanno portato avanti due aste senza esito.

E’ diventato allora chiaro che i terreni, divisi tra due proprietari, e che a causa di strane manovre non erano stati suddivisi chiaramente, date tali condizioni, non sarebbe stato facile venderli. In estate si è incominciato a spargere la voce della possibilità che la proprietà fosse venduta sotto forma di crediti acquistabili e che sarebbe stata acquisita dalla Società di gestione dei crediti bancari, la Družba Za Upravljanje Terjatev Bank (DUTB), cosiddetta Slaba Banka (cattiva banca). Questo è quanto è poi successo nel dicembre 2016. DUTB è quel soggetto giuridico, che lo Stato ha creato sotto la spinta della Commissione Europea, per risolvere il buco bancario, conseguenza dei crediti non riscuotibili, che le banche nel primo decennio del 21° secolo hanno distribuito all’economia e ai singoli. DUTB è in realtà una società che legalmente, ma illegittimamente, dispone dei crediti che dal settore privato sono passati alla responsabilità del settore pubblico. E questa società ha ricomprato i crediti di entrambi i precedenti proprietari fallimentari. Da allora tutto è succeduto molto velocemente.

E’ incominciato sulla televisione nazionale, quando una giornalista ha fatto la sensazionale “scoperta” della presenza dell’amianto nei terreni dell’Inde. La maggior parte delle ex fabbriche era protetta da una copertura d’amianto che in lunghi anni di abbandono è crollata. Grandi quantità di amianto sono presenti su tutta la superficie del terreno, sia negli edifici che nel terreno esterno. Molti sono stati ripuliti e messi in sicurezza su libera iniziativa del collettivo UPI; nonostante ciò sono rimasti cumuli di immondizia di vario genere, oltre all’amianto, materiale di costruzione ma anche siringhe abbandonate negli anni precedenti da utilizzatori di droghe illegali. Nonostante avessimo, assieme a molti abitanti della zona, pubblicamente più volte segnalato questo problema, la macchina dell’”informazione” ha cominciato a muoversi soltanto dopo la “scoperta” giornalistica. Abbiamo il sospetto che la nuova proprietaria volesse sfruttare l’amianto come scusa per farci sloggiare. Poco dopo la Slaba Banka ha dato notizia che le proprietà le sarebbero confluite  entro la fine del 2016 e ciò avrebbe dato il via ai lavori di bonifica al più presto. Il 30/01/2017 dei lavoratori hanno incominciato la bonifica che, a nostro parere, è stata fatta in modo non professionale. Non erano dotati di protezioni adeguate, lo spazio da ripulire non è stato inoltre protetto per impedire la dispersione delle polveri di amianto nell’aria. Il collettivo Inde ha costantemente informato la gente sul procedere delle pulizie. L’ispettore ha intimato all’impresa di pulizie di proteggere i lavoratori, nonostante ciò e ulteriori ammonimenti questo non è avvenuto secondo tutti i criteri di gestione degli scarti pericolosi. Come collettivo abbiamo perciò spesso messo in guardia i lavoratori di far attenzione alla propria sicurezza e salute.

Nel periodo delle pulizie abbiamo sollecitato svariate volte in modo ufficiale un dialogo con la Slaba banka, tuttavia da parte sua non c’è mai stata una risposta ufficiale. Non lasceremo gli spazi che stiamo utilizzando, poiché questo è l’unico edificio non coperto dall’amianto. Questo materiale pericoloso che era nelle vicinanze l’abbiamo allontanato fin dall’inizio dell’occupazione.

A metà febbraio, in modo ufficioso ci ha fatto visita un rappresentante del DUTB, che desiderava vedere i nostri spazi. Ha provato ad accollarci la responsabilità delle siringhe abbandonate nel circondario, cosa che abbiamo respinto con decisione. Siamo riusciti ad impedire che chiudessero l’entrata secondaria all’edificio che è da noi utilizzata, anche grazie all’aiuto e ai consigli di un’avvocatessa che ci ha informato riguardo al diritto di proprietà acquisito nel corso degli anni come utilizzatori abituali  dell’edificio, diritto previsto dalla legge slovena. Oltre al rappresentante del DUTB, la particella è stata visitata in marzo da vari possibili acquirenti. La Slaba Banka infatti all’inizio del 2017 ha pubblicato un bando pubblico per raccogliere le offerte per l’acquisto dell’intero terreno.

All’inizio di marzo i lavori di bonifica sono terminati. Nuovamente abbiamo dovuto avvertire che

non sono stati svolti  in modo professionale: nel giardino e nei dintorni gli operatori hanno lasciato un bel po’ di amianto frantumato che nelle giornate ventose continua ad alzarsi in aria. Ma un epilogo ancora non c’è stato.

La minaccia di vendita e di espulsione hanno focalizzato le attività del collettivo su un unico obbiettivo comune : mantenere nostri gli spazi dell’UPI. Ci siamo organizzati in modo da garantire sempre la presenza di un numero sufficiente di persone nella “fabrika” [termine dialettale derivante dall’italiano; in sloveno si direbbe tovarna, ndt], come noi la chiamiamo. In nostro aiuto sono arrivati altri collettivi da diversi spazi autonomi della Slovenia, dell’Italia e della Croazia. La collaborazione transfrontaliera ha causato conseguenze pratiche particolari. Nonostante gli spazi dell’UPI prima della minaccia di evacuazione non fossero in genere utilizzati come una classica casa occupata, molte persone negli ultimi due mesi hanno contribuito solidalmente alla protezione del posto  passando qui  la maggior parte del tempo sia di giorno che di notte. La convivialità nonostante l’esaurimento generale, ha conferito all’intera faccenda una specie di magia, i nuovi visitatori hanno portato con sé nuove energie, a volte era difficilmente contenibili. Abbiamo continuato imperterriti il nostro programma e tutte le iniziative prefissate. Nonostante la Slaba Banka ci abbia comunicato, in seguito alla raccolta di offerte vincolanti, che il terreno non è stato venduto, nell’ultima settimana abbiamo saputo che la tentata vendita continua. Ci hanno fatto visita due nuovi interessati che affermano che l’affare sarà presto concluso, e che hanno in programma la demolizione della maggior parte degli edifici. Per ora non abbiamo nessuna informazione ufficiale al riguardo, ma restiamo prudenti.

Dobbiamo ancora dire che fin dall’inizio della minaccia di evacuazione abbiamo ricevuto 48 lettere di solidarietà da diversi collettivi, organizzazioni, associazioni, singoli individui dalla regione in senso lato, ma anche da diversi altri posti nel mondo. Il lavoro del collettivo Inde non è passato inosservato e siamo contenti per ogni lettera di sostegno ricevuta. Ringraziamo calorosamente anche i/le compagni/e del Germinal di Trieste per il sostegno, sia scritto che materiale.

All’inizio di febbraio abbiamo festeggiato il secondo anno di presenza sul territorio. In questi due anni abbiamo organizzato e realizzato oltre 400 diverse attività: concerti, tavole rotonde, discussioni politiche, iniziative ricreativo-sportive, serate di giochi di società, azioni lavorative, proiezioni di film, rappresentazioni teatrali, serate di letteratura, esposizioni, laboratori, e molto altro fino alle serate solidali vegane. La quantità di attività intraprese è impressionante, soprattutto se si constata che sono state realizzate senza alcun finanziamento ufficiale, solamente sulla base del lavoro volontario e dei  liberi contributi dei sostenitori e visitatori dell’Ustvarialna Platforma Inde. Della nostra visibilità e influenza sul più ampio ambiente locale ce ne siamo resi conto solo al momento della minaccia di sgombero.

In questo preciso momento non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Il nostro programma prevede soprattutto la continuazione delle attività e del lavoro socialmente responsabile, così nell’ambito della Piattaforma Mediatica Inde, come nell’ambito del collettivo Piattaforma Creativa Inde. L’ esperienza ci fa capire che la lotta continuerà. Come sempre, sarà necessario rimboccarsi le maniche e sostenere le idee per le quali lottiamo: la solidarietà, la creatività e il godimento della vita. Vi invitiamo a seguirci sul sito internet www.indeplatforma.org, ma soprattutto a prender parte a qualcuna delle nostre iniziative o a venire a fare quattro chiacchiere con noi bevendo un caffè. Saremo felici di ricevere anche una lettera, un’opinione, un sostegno, una presenza e una qualche forma di attenzione.

Viva!

Vostro Kolektiv UP Inde

(traduzione di Emma Malina)